mercoledì 20 novembre 2013

IL BUGIARDINO DEI DIGITALI ITALIANI: COMPOSIZIONE, USO, INDICAZIONI ED EFFETTI COLLATERALI

Guardo la tv, di botto mi fermo e rimango stupita per un particolare della scena di un reality americano: due sposi e un prete al momento delle promesse. Nulla di strano se non fosse che il sacerdote, invece di leggere la formula dal libro, la legge da un tablet. 

Ho sempre pensato che in molti paesi le persone sono più aperte alla tecnologia, molto probabilmente vuoi perché sono paesi dove computer, consolle, smartphone, linee internet e low cost sono da lungo tempo presenti o prodotti, vuoi perché open minded ad ogni età.

Penso a noi, noi italiani, oggetto di studio da parte di ogni esperto d'innovazione. Mi immagino il cercare affannoso di un algoritmo, una regola che ci dipinga. 

Ma non c'è. O meglio, non è possibile standardizzarci. Un sorriso trasforma il mio viso. Sono orgogliosa del genio e della creatività che mi circonda e di come esse sfuggano alle canalizzazioni schematiche.



Ma chi sono i digitali in genere, e gli italiani? Da Wikipedia i digitali sono di tre tipi: nativi, immigrati e tardivi: I nativi digitali nascono parallelamente alla diffusione di massa dei PC a interfaccia grafica nel 1985 e dei sistemi operativi a finestre nel 1996. Il nativo digitale cresce in una società multischermo, e considera le tecnologie come un elemento naturale non provando nessun disagio nel manipolarle e interagire con esse[2].

Per contro l'espressione immigrato digitale (digital immigrant) si applica ad una persona che è cresciuta prima delle tecnologie digitali e le ha adottate in un secondo tempo. Una terza figura è invece quella del tardivo digitale, una persona cresciuta senza tecnologia e che la guarda tutt'oggi con diffidenza.

Recentemente è arrivata alla ribalta una nuova categoria i "new born mobile". Sono i nostri nipoti o figli che sin dalla loro primissima età giocano con tablet e pc, sviluppando capacità cognitive ed abilità motorie di coordinazione occhio-mano precocemente. Le stesse abilità che uno studio pubblicato su Nature, vengono messe in causa per la riabilitazione cognitiva dell'anziano. Da sfruttare!

Quello che sfugge ai tentativi di categorizzazione riguardanti gli italiani è l'approccio dall'interno, coordinato da qualcuno che viva il digitale in tutte le sue sfaccettature. Un metadiscorso crossmediale sul campo.

Vi faccio un esempio pratico: gli smartphone. Sono minicomputer-telefono, sviluppati perlopiù su un linguaggio leggero l'Android, che proviene da Linux, un sistema operativo per computer che è opensource, gratuito. 

Quanti comprano uno smartphone perché va di moda ma non sanno sfruttarlo al 100%? Tanti, a prescindere dall'età. 

Quindi vien meno, per noi italiani, la categorizzazione in base alla data di nascita proposta da Wikipedia. 

Quando incontro qualcuno con uno smartphone, non dico che bello, ma chiedo sempre, sai questa funzione? Hai scaricato questa applicazione? Sai pulire la cache (memoria inutile) del telefono?

Quello che manca negli studi in materia è l'esperienza diretta con le persone per capire che ci sono modelli standard non applicabili alla nostra cultura tecnodigitale. Specialmente se importiamo e tentiamo di applicare teorie e categorie prodotte da autorevoli menti estere o pubblicate su carta che il giorno dopo è già storia passata.

Ragazzini con smartphone che navigano su internet e chattano (chiacchierano) velocissimamente sui touchscreen, si ritrovano purtroppo ancora in una scuola dove gli insegnanti stessi spesso non possono star dietro a questa corsa. I computer sono vecchi, non ci sono le conoscenze o sono obsolete, i programmi di studio anche. Le fotocamere vengono usate per filmare le solite bravate per classificarsi su You Tube o per fotografare i compiti dal diario di qualcun altro. 

Recentemente sono stata ad un convegno coordinato da Giovanidigitali.eu e diretto a studenti universitari. Un open day che suggeriva come indirizzare o trasformare attraverso master specializzati la carriera universitaria. Trasformazione possibile sviluppando idee innovative mediante le startup messe a disposizione dalla Comunità Europea.

Oratori di prestigio, la presenza di giovani manager di Google non hanno incentivato però una massiccia presenza studentesca.

Perchè?


Sono 2 filoni da considerare, due strade opposte che raramente si incrociano e che negli studi sul digital divide italiano vengono poco messi in luce. Infatti di rado chi analizza, pubblica un testo o un resoconto stringato approfondisce alcuni aspetti chiave.

I digitali italiani non sono di norma studenti universitari. Anzi sono una minoranza. Geopoliticamente poi, gli studenti provenienti da altre aree, che si trasferiscono per frequentare, non hanno come priorità l'acquisto di una linea internet o di un pc. Oppure gli alloggi non ne sono dotati ed è difficile captare una linea wireless aperta per navigare. 

Gli ambienti universitari forniscono accesso ad internet, ma la navigazione studentesca si limita ad argomenti strettamente finalizzati allo studio o a notizie generiche o all'uso di programmi specifici.

Sono stata studente anziana, avendo ripreso gli studi a 30 anni, ma avevo già alle spalle aumentato le competenze digitali, addirittura usando programmi di anatomia virtuale, traducendo client di gioco o creando siti web.

Ero e sono sorpresa di vedere come a Roma (e penso anche che sia un fenomeno diffuso) gli studenti si comportino come immigrati digitali o anche come tardivi, diffidenti di passare da un telefono modaiolo chattatore ad una macchina complessa.

Non sanno istallare programmi, distinguere fra email phishing (tentativo di carpire dati sensibili) da quelle sicure, impostare la sicurezza o quantomeno usare un programma di posta locale attraverso pop o imap (programmi che necessitano impostazioni dei server).

Non è un puntare il dito contro di loro, ma piuttosto su una scuola media e superiore che non recluta i non laureati per insegnare le basi AGGIORNATE non tanto di programmazione, ma di utilizzo!

Questi esperti digitali italiani chi sono?


Sono quasi sempre appartenenti all'altra categoria di giovani. Non sono laureati o laureandi ma giocatori.

I players online sono una sorpresa.

I videogames online conferiscono naturalmente abilità digitali, oltreché cognitivo motorie. La socializzazione, come si vede nella fotografia di una schermata di World of Tanks, che gioco da ormai 2 anni, oltreché frequentare altre piattaforme, viene supportata da programmi voce mediante i quali siamo in contatto e scambiamo esperienze e racconti di vita.

Le competenze sono innumerevoli, a partire dalla conoscenza delle caratteristiche del computer, all'uso di microfoni, all'imparare o sviluppare la lettura/scrittura in inglese, e rendono la persona ultra competente in modo naturale.

Molti di loro sono venditori e-commerce, altri sono disoccupati (sfruttabili per le competenze), pensionati addirittura che si divertono in molti tipi di gioco, sia di ruolo sia puramente pvp, player contro player; una minoranza è iscrittia all'università ma si barcamena con lavoretti.

I giochi online ultimamente sono progrediti in maniera esponenziale per i loro motori grafici sempre più potenti. Significa che un server può gestire migliaia di persone contemporaneamente che decidono di muoversi ed interagire ognuno individualmente, senza pesare sul pc del giocatore, ed il gioco via cavo (lan) risulta molto fluido ed immersivo. Oltretutto un motore grafico di ultima generazione supporta ambienti ricreati in maniera eccezionale.

Ritornando a World of Tanks, mi è capitato di giocare con persone appassionate di carri armati, sorpresi di trovare fedeli riproduzioni storiche di linee provenienti da ogni nazione, dalla prima alla seconda guerra mondiale ed oltre.

Quindi in conclusione, vista l'attuale recessione, visto anche il bisogno di ricollocare una gran fetta di popolazione che è a spasso, viste le competenze dei non laureati facilmente ricercabili online (via social network dove hanno gruppi o via blog o siti internet), gli eventi digitali dovrebbero essere indirizzati a tutti i disoccupati o mal-occupati, riorganizzando anche dalle basi i programmi scolastici. 

Certo, se la faccenda va all'italiana, questo è un sogno utopistico, dato il fatto che invece di snellire le procedure e abolire leggi ne sforniamo altre a riparazione di errori, siamo assolutamente privi di "nerd" in posizioni chiave. N.d.R: dicesi nerd una persona tecnologicamente competente non necessariamente laureata.

Siamo la nazione dei pezzi di carta.


Mi immagino test di certificazione in nerdologia preparati da chi ancora parla di pascal, di chi progetta in cad ma non sa come importare mesh in un mondo virtuale per presentarle al grande pubblico.

Competenze che negli altri paesi sono descritte nei cv senza attestati e si è assunti per fiducia nelle capacità, non per conoscenze e spintarelle.

Innalziamo l'età della legge per l'assunzione agevolata o aboliamone i limiti per aumentare assunzioni in generale.

Incentiviamo le polizze pensionistiche. Non tagliamo pensioni di reversibilità, ma abbassiamo i redditi nel comparto politico e nell'indotto ad esso agganciato per riparare l'introito INPS ormai all'osso. Facciamo in modo che le aziende possano assumere lasciando la scelta dei versamenti al lavoratore. 

Il rilancio italiano deve essere sul prodotto made in Italy, sui prodotti di nicchia, sulle professioni scomparse (vedi falegname, ciabattino, idraulico, ceramista, nella moda, nei beni culturali e nel turismo). Non siamo ricchi di materie prime, siamo un popolo di creativi.

Oltretutto non siamo privatamente sovvenzionati come internazionalmente accade, nella ricerca universitaria mediante sponsor esterni, o lo siamo molto poco. Freniamo la fuga di cervelli.

Inoltre cerchiamo di fare in modo che i neolaureati siano meno "choosy" e per choosy intendo non il negare il diritto al lavoro, ma che tutti siano più pronti ad accettare lavori assolutamente non inerenti il loro piano di studi. Stesso discorso mentre si frequenta ancora l'università, in modo da non trovarsi un curriculum completamente in bianco.

All'estero si lavora per capacità, sveltezza, saper usare il pc e per intelligenza creativa-emotiva di cui siamo una popolazione molto forte. Ecco perché fuori abbiamo tanto successo.

Anche fare il commesso in Italia può essere formante sia nel rapporto datore di lavoro - lavoratore, sia nella conoscenza dei prodotti, sia nel contatto con il pubblico.

Una esperienza raccontata all'open day, parlava di un ragazzo che in Sicilia si è organizzato per il ritiro e la consegna dai negozi Ikea di mobili e accessori a privati. Ci è riuscito solo imparando ad usare gli Ikea planner presenti sul sito. In Sicilia Ikea non era ancora presente, ma la sua iniziativa è piaciuta alla dirigenza che lo ha assunto nel prossimo punto vendita siciliano.

L'Italia è un pozzo di storia, di arte e di location visitabili, molte lasciate in abbandono, musei polverosi chiusi al pubblico o con orari ristretti. Rinnoviamo il vecchio e mettiamo in opera nuove idee dalle startup. Snellendo pratiche sui lavoratori dipendenti, e digitalizzando gli enti museali, i centri storici, le aziende e i negozi, aprendo ad orari lunghi o in alcuni casi 24/24. Si creerebbe un indotto di posti di lavoro turnanti non indifferenti come già da quasi mezzo secolo succede altrove.

Certo ci sono miriadi di problemi sul territorio da risolvere: terreni franosi con case abitabili, discariche abusive, raccolta rifiuti indifferenziata, mancanza di acqua in regioni del sud, ma le competenze non mancano, i cervelli ci sono e esistono anche i competenti digitali occupabili ovunque.

In primis nella scuola e nelle università stesse, in modo che spieghino con linguaggio semplice quello che gli studenti non sanno. Dovrebbe essere una normalità non un evento casuale.

Questa ultimo concetto è importantissimo se pensiamo alla presenza crescente italiana nei social network e al pericolo che i minori corrono condividendo contenuti personali. 

Si può ipotizzare l'insegnamento di una netiquette sia verso i bambini e i ragazzi sia verso quegli adulti che da un lato possono indicare ai propri figli o nipoti come usare senza pericolo telefoni e computer, ma anche per una loro personale riqualificazione.

Buon lavoro a tutti.

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